La cravatta di Poirot

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In questo post ti voglio parlare della cravatta di Poirot o, meglio, del rapporto che Poirot ha con le cravatte. Parlo proprio di Hercule Poirot, il genio investigativo belga nato dal genio letterario inglese di Agatha Christie.

Secondo me il rapporto tra Poirot e le cravatte ci svela tanto della natura dell’uomo e dell’Universo. Questa rivelazione avviene nello specifico in una scena del film Assassinio sull'Orient Express, film del 2017 diretto dal genio di Kenneth Branagh che interpreta anche il ruolo di Poirot.

La scena che prendo in considerazione avviene all’inizio del film, nell’antefatto. In questa scena iniziale veniamo a conoscenza del metodo investigativo di Poirot e scopriamo la grande intelligenza deduttiva del detective che da una semplice crepa in un muro scopre chi è l’assassino.

Alla fine della scena, un poliziotto suo ammiratore particolarmente emozionato lo elogia e gli fa notare questa sua genialità investigativa. Ti riporto il dialogo tra i due personaggi.

Poliziotto: “Come ha capito che era lui signore? Solo da una piccola crepa nel muro?”

Poirot: “Vede, io riesco a vedere il mondo solamente come dovrebbe essere e, quando non lo è, l’imperfezione risalta come il naso in mezzo alla faccia. Questo rende il più della vita insopportabile. Però si rivela utile nel caso di un’indagine su un crimine.”

Poliziotto: “Ma è come se vedesse nei loro cuori e scoprisse la loro vera natura.”

Poirot: “Qualunque cosa possa dire la gente, esiste solo giusto o sbagliato. Non c’è una via di mezzo. Dobbiamo salutarci… Au revoir mon capitaine, non penso che ci rivedremo di nuovo. Può raddrizzare la cravatta, vi spiace, solo un pochino?”

Poliziotto: “Sì, certo.”

Poirot: “Così è perfetto.”

Da questo dialogo si possono almeno trarre tre concetti e tre insegnamenti molto potenti.

Insegnamento numero 1: La cravatta e la crepa

“Io riesco a vedere il mondo solamente come dovrebbe essere e, quando non lo è, l’imperfezione risalta come il naso in mezzo alla faccia. Questo rende il più della vita insopportabile.”

Da questa frase di Poirot introduciamo il primo concetto fondamentale, che è anche un concetto chiave: il concetto dell’ordine.

Poirot riesce a vedere le cose solo come dovrebbero essere e quando non lo sono, l’imperfezione risalta immediatamente, come una crepa nel muro, come una cravatta storta, come un naso in una faccia.

L’ordine è il concetto chiave –  o forse anche la chiave – del successo del giallo, di cui Poirot è uno degli esponenti della tradizione classica. 

Anche nelle espressioni di giallo o noir più moderne, più irrazionali o pessimiste, meno “matematiche” o meno logico-razionali (come quelle che ci mette in scena la narrazione di Agatha Christie), abbiamo sempre una struttura di ordine. Nel giallo c’è sempre un evento caotico – il delitto – a cui segue una investigazione che svela come dietro questo delitto si articoli uno schema, un senso. Magari questo senso è un senso irrazionale, magari dietro al delitto c’è semplicemente la follia umana: anche se c’è solo follia, questa follia è un senso. Il genere giallo, come il genere noir, ha successo forse perché, alla base, è comunque rassicurante. È rassicurante perché oltre il caos del mondo c’è sempre un ordine. Può essere un ordine reale, come nel caso di Poirot (e vedremo le implicazioni fondamentali di questa visione dell’ordine di Poirot), o può essere sempre di più un ordine morale incarnato dal detective stesso, che finisce per rappresentare un ordine o perlomeno lo incarna come aspirazione.

Questa struttura d’ordine viene mantenuta quasi sempre nella storia del noir e del giallo, eccetto nel romanzo La promessa  dell’autore svizzero Friedrich Dürrenmatt. Nel suo romanzo l’autore mette in crisi la struttura d’ordine che sta alla base del giallo: nel suo libro la struttura di ordine viene totalmente sconvolta perché non soltanto il caos avviene nell’atto atroce del delitto ma avviene anche nell’impossibilità della scoperta dell’assassino, il caos permane durante tutto il procedere dell’investigazione che risulta totalmente impossibile e senza conclusione. Qui il caos deflagra totalmente. La promessa  si pone come un’eccezione teoretica, ma in genere nel romanzo giallo resta una struttura di ordine, la struttura del romanzo giallo stesso, anzi, ci mostra una direzione di ordine. E questo ordine è rappresentato e raffigurato nell’investigatore stesso. L’investigatore è un’aspirazione all’ordine.

Poirot però dice altro. Poirot non parla di ordine o di disordine, ma di imperfezione. L’imperfezione si staglia, si manifesta e si evidenzia come un naso su una faccia. Per Poirot è valida la citazione di Carl Gustav Jung: “In ogni caos c’è un cosmo, in ogni disordine un ordine segreto”. 

Cosa raffigurano la cravatta e la crepa? Raffigurano la stortura, la frattura nell’ordine metafisico e nella perfezione metafisica che è la natura. Questa stortura ci mostra l’imperfezione. 

Qual è la differenza tra disordine rispetto all’ordine e imperfezione rispetto alla perfezione? L’ordine è qualcosa che può essere messo in crisi dal disordine; il disordine può irrompere nell’ordine e disperderlo, disordinarlo e metterlo in crisi. Non così per la perfezione. L’imperfezione non può mai mettere in crisi la perfezione. Anzi, l’imperfezione si mostra con una evidenza tale che ci mostra la perfezione e quindi basta estrarre l’imperfezione dalla perfezione. Come diceva Piet Mondrian (1872-1944, pittore olandese esponente del neoplasticismo), la bellezza del paesaggio è rotta soltanto dallo stagliarsi della figura umana, quindi basta togliere la figura umana e lasciare il paesaggio nella sua astrazione, in questo modo diventa perfetto. Basta quindi togliere l’imperfezione e la perfezione si mostra nella sua perfetta natura.

Quando ho visto questa scena, mi è tornata alla mente una mia esperienza personale.  Ero alla ricerca di una soluzione a un mio problema irrisolto: l’emicrania con aurea. Ho sofferto per tanti anni di questo disturbo: si manifestava come una corona di luce in uno dei due occhi ed era come se si formasse una crepa, a volte luminosa e a volte oscura, ma in entrambi i casi accecante. Ricordo che quando arrivavano questi disturbi, non vivevo la crepa come una crepa nella mia visione o nella mia vista ma era per me una crepa nella realtà. Come se la struttura stessa della realtà mostrasse una frattura, come se l’Universo avesse una crepa e la sua perfezione venisse “fratturata” da questa ferita, da questa ferita di luce. Mi stavo quindi documentando su questi disturbi e ho trovato nel libro Emicrania del neurologo e psichiatra Oliver Sacks la testimonianza di un paziente che dichiara:

“Mi sento paralizzato come una statua. Non penso mai che mi stia accadendo qualcosa alla vista invece ho la sensazione che stia accadendo qualcosa di incredibile al mondo.”

È esattamente la stessa visione che ha Poirot: è qualcosa nel mondo che non funziona, c’è un bug nella realtà. Quando si è in questo stato, quando si ha questa percezione, si è in uno stato quasi dissociativo e si riescono a vedere le cose “da fuori”. Si riconosce che la realtà che ha questo bug non è uno stato alternativo o complementare alla realtà di ordine, si riconosce che questa realtà è uno stato anomalo della realtà stessa. Infine, il ripristino dello stato di ordine non stabilisce un’equivalenza, una coniunctio oppositorum, una coniugazione degli opposti.

In sostanza, quindi, c’è una realtà (che è perfetta, è giusta) e c’è una imperfezione. Questa è la natura della  visione della realtà di Poirot. Da qui possiamo dire che Poirot è un investigatore olotropico. “Olotropico” significa “tendere all’intero” e quindi tendere al giusto, al bene, al perfetto.

Questa condizione è lo stato reale della natura e possiamo capire come Poirot vede la natura: vede la realtà in una visione metafisica.

Insegnamento numero 2: giusto o sbagliato

“Qualunque cosa possa dire la gente, esiste solo giusto o sbagliato. Non c’è una via di mezzo.”

Così come Poirot non parla di ordine o di disordine ma di perfetto o imperfetto, anche qui non parla di bene o male. Non è un manicheo. Il bene o male sono come l’ordine o il disordine: sono due concetti complementari. Lui parla di “giusto” e “sbagliato”. Giusto e sbagliato mostrano la stessa direzione olotropica: il giusto è la vera direzione, lo sbagliato è una direzione errata.

Non c’è “bene” o “male”, c’è una unica direzione (che è quella del giusto), c’è soltanto un percorso –  il percorso olotropico che tende all’intero, tende alla perfezione – e tutto quello che svia da questo percorso è un errore, è una direzione sbagliata. Allora basta togliere le strade sbagliate. Ancora ci ribadisce in modo differente lo stesso concetto: attraverso il concetto di giusto e sbagliato ci mostra la direzione olotropica.

Insegnamento numero 3: la solitudine 

“Questo rende il più della vita insopportabile. Però si rivela utile nel caso di un indagine su un crimine.”

L’essenza della solitudine di Poirot è che egli è utile (anzi molto utile e vivamente richiesto), quando bisogna indagare un omicidio, ma alla fine verrà messo da parte: egli esiste solo quando deve essere ripristinato uno stato di ordine delle cose. Una volta terminato il suo compito, viene messo da parte e richiamato soltanto quando il mondo sarà di nuovo in emergenza (e sembra che il mondo non imparerà mai). 

L’essenza della solitudine di Poirot è questa: l’essenza di chi sa che il mondo è perfezione ma che vede che nel mondo vi è il caos e non riesce a comprendere fino in fondo perché ci deve essere questo. Una persona che vede le cose come dovrebbero essere, che vede il mondo come è nella sua vera natura (perfetto) ha profonde difficoltà nel comprendere il perché del caos nel mondo.

Per questa condizione vi possono essere più reazioni, la storia del giallo stesso ce le ha mostrate: si può reagire con violenza, con l’ubriachezza, con lo stordimento, con il rifiuto, con la rassegnazione, con il nichilismo. O con la tristezza, come fa Poirot.

La tristezza di Poirot è la tristezza di chi sa di essere solo. La solitudine e la tristezza di Poirot è la stessa di chi sa di essere condannato a vedere la perfezione della natura del mondo e il caos che domina nel mondo.

È la solitudine e la tristezza di chi sa che deve accettare questa assurda contraddizione. È la solitudine e la tristezza di chi sa che gli sarà sempre negata la risposta a questa assurda contraddizione. E la solitudine e la tristezza di chi sa che l’unica via per raddrizzare il mondo è raddrizzare una cravatta alla volta.

Poliziotto: “Devo condurla in Egitto immediatamente. C’è stato un omicidio, signore, proprio su quel maledetto Nilo. È lei il detective?”

Poirot: “Sì, sono io il detective... Può raddrizzare la sua cravatta? Ci vediamo alla macchina.” 

 

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